Naming in Cina: una scelta importante ma complessa.
Molto è stato scritto sull’importanza del brand name, in grado di influenzare positivamente (o no) la percezione dei consumatori. Ma non solo. A lungo andare il nome ha effetto sul posizionamento, che è il fine ultimo del marketing.
Se il nome appare dunque cruciale nel proprio mercato di riferimento, dalla sua traduzione dipende il successo o insuccesso nei mercati esteri. In Cina, a causa delle evidenti differenze linguistiche, tradurre il proprio nome è ancora più complicato.
Un tema importante anche per i brand sportivi. Ne ha parlato Victoria Bogushevskaya, docente di lingua cinese all’Università Cattolica di Milano all’Istituto Confucio di Milano.
Le caratteristiche che deve avere un brand name sono poche ma importanti: facile da pronunciare, memorabile e con un significato positivo. Per il mercato cinese questo è ancora più vero: se in Italia un nome come Arena è d’effetto, in Cina è necessario rivederlo. Perché? Per la R, è evidente, che non è facile da pronunciare a causa dell’assenza di questa lettera nella pronuncia cinese.
Ma le consonanti non sono l’unico problema: anche la lunghezza deve essere adeguata e il nome di impatto.
Scoprire che il tuo nome viene confuso, storpiato o che risulta impossibile da pronunciare da chi dovrebbe comprarti è lo scenario peggiore. E questo purtroppo capita spesso.
Come illustrato anche in precedenti articoli, per occuparsi di naming in Cina esistono diverse modalità.
Qui alcuni esempi positivi di naming in Cina
Se le modalità possono essere più o meno chiare, esistono poi alcune peculiarità della lingua cinese che occorre considerare durante la traduzione. Caratteristiche da legare in particolar modo alla cultura cinese, come ha illustrato Victoria nel corso dell’incontro.
I cinesi sono un popolo molto superstizioso, e questo si riflette su diversi aspetti del marketing in generale. Dai colori ai numeri, la simbologia è presente in ogni ambito. Nel numero dei tratti dei caratteri per esempio. Un carattere è composto da un certo numero di “pennellate”, che può essere di buono o cattivo auspicio.
In aiuto delle imprese esiste un vademecum che riporta le composizioni fortunate o sfortunate. Si tratta di un bestseller taiwanese, ad opera di Li Tiebi, di cui riportiamo una parte dello schema. A fianco di ogni numero c’è un simbolo: O, X o H. Vale a dire fortuna, sfortuna, incerto. Dal modello si evince che un tratto è positivo, due sono sfortunati, tre fortunati e così via.
Fonte: Bogushevskaya (2017), adattato da Chang e Lii (2008)
Con una crescita del PIL che ha raggiunto quasi il 7% nel corso del 2017, la Cina si conferma un mercato di grande interesse per le imprese. Tale sviluppo economico ha infatti evidenti effetti sui consumi della popolazione, che continuano a crescere in diversi ambiti. Tra quelli di maggiore interesse c’è sicuramente quello dello sport.
Come riportato dall’agenzia Carat (2017), l’incremento della spesa per alcune attività ha superato il 100%. Nuoto (+380%), Climbing (+124%), Fitness (+302%) sono senza dubbio i segmenti più interessanti per i brand sportivi.
Sono diversi i casi di studio che si possono prendere in considerazione per il Naming in Cina. I più famosi in ambito sportivo sono sicuramente quelli di Nike e di Adidas. Ma lo sportswear non è una prerogativa delle imprese estere. Anche in Italia esistono diversi brand in grado di valorizzarsi, come dimostrano i seguenti case study.
Se la scelta del nome è il primo passo, il Brand Management va oltre. Riuscire a posizionarsi in Cina infatti è un processo lungo e complesso. Le politiche di marketing vanno riadattate al diverso scenario che caratterizza il paese, in particolar modo per quanto riguarda la comunicazione.
In un paese digitalizzato come la Cina (800 milioni di utenti internet) il marketing deve muoversi sui Social Media locali, WeChat e Weibo. Essere presenti non basta. (fai link diretto agli articoli con le parole WeChat e Weibo. Leggi anche metti in articolo su come indicizzare sito su Baidu)
Bisogna farlo bene, e in tutti i canali.
I grandi brand non sono immuni dai fallimenti. Tra i casi raccontatici da Victoria ci sono infatti quelli di Nike e Adidas, che sono caduti in errore per piccole disattenzioni.
In Cina è molto diffuso l’utilizzo di sigle per indicare parole molto lunghe. Per esempio, RMB sta per RenMinBi, cioè la valuta cinese.
La presentazione del modello “Nomad” di Adidas ha creato parecchio scompiglio. Perché? Perché il brand tedesco, pensando di cavalcare un trend, ha chiamato il nuovo modello NMD. Che in cinese è l’abbreviazione di 你妈的 (nimade), vale a dire “tua madre”…
Nike, se possibile, ha fatto di peggio. Scegliendo di abbreviare il nome del modello Skateboarding in SB ha ricordato ai cinesi un significato tutt’altro che positivo. La pronuncia ricorda傻屄 (shabi), che un termine piuttosto volgare il cui significato è più o meno “cretina”.
Ma che dire, sbagliando s’impara!
Da diverso tempo East Media collabora con la Fondazione Italia Cina per importanti iniziative di cooperazione tra i due Paesi. Tra le tante, la stesura dell’estratto dedicato al Digital Marketing in Cina, raccolto e aggiornato ogni anno nel Rapporto Annuale CeSIF: “Cina 2019. Scenari e Prospettive per le Imprese.”
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